Graziano Brotto Categoria: Previsioni - Pubblicato il 01-01-2024
Iniziali condizioni anticicloniche sull'Italia poi intenso peggioramento entro la Befana. Il vortice di bassa pressione che alberga sul comparto anglosassone sarà spinto a dirigersi più a sud da una rimonta anticiclonica sul vicino Atlantico. Ciò significa che una profonda saccatura con annesso vortice sarà destinata ad interessare dapprima il comparto iberico e francese, poi anche quello Italiano. Secondo i modelli matematici il peggioramento su realizzerà sull'Italia tra la giornata del 5 gennaio e quella del 6 con un vortice di bassa pressione che proprio nel giorno dell'Epifania dovrebbe collocarsi sull'Italia settentrionale. Se tutto sarà confermato avremo forti condizioni di maltempo con piogge abbondanti, nevicate abbondanti sull'arco alpino e una notevole circolazione ciclonica dei venti.
Prima che ciò si realizzi ci attendono ancora un paio di giornate di impronta anticiclonica con un tempo che trascorrerà sulla falsa riga di questi giorni ovvero con disturbi nuvolosi e qualche pioggia sull'area tirrenica e al Nord e più sole sull'Adriatico. Le temperature resterebbero ancora nel complesso miti e sopra media.
Dopo il 3 gennaio il flusso perturbato atlantico farà una brusca virata verso sud a causa di una progressiva rimonta anticiclonica a ovest dell'Inghilterra. In questa fase le correnti artiche provenienti dal nord Europa punteranno con maggiore decisione verso il Regno Unito e l'Europa occidentale alimentando una grossa saccatura che si allungherà fino al comparto iberico.
Questa saccatura dovrebbe interessare l'Italia tra i giorni 5 e 6 gennaio portando un peggioramento marcato del tempo con piogge abbondanti e nevicate in montagna (Alpi). Al momento questo scenario meteo, frutto di un'analisi probabilistica ma in parte anche deterministica resta quello più attendibile ma vi consigliamo di seguire anche i prossimi aggiornamenti perchè novità potrebbero non mancare.
Parleremo di neve in Italia, dalla Valle Padana alle regioni dell’Adriatico, quelle tirreniche. Tra previsioni, stime, analisi, clima. Un approfondimento adatto per il giorno di Capodanno, dove alcuni di voi, come me, riposeranno dopo lo stress del fine anno. E sì, perché per voi non lo è? Sicuramente ci sono state tante feste, ma questa festa è un appuntamento che in tanti incute fatica. Insomma, buona lettura.
La neve in Valle Padana cade ormai molto raramente da un decennio. In quest’ultimo periodo, spesso le temperature minime sono state persino superiori a quelle medie massime del mese di dicembre. Insomma, viviamo una fase davvero mite, anzi, mitissima, con valori più consoni per il mese di marzo o novembre, forse.
L’ultimo che ha conosciuto il passaggio attraverso l’Europa centro-orientale di frequenti saccature alimentate da aria fredda scandinava è stato il 2012-2013, situazioni che hanno in parte interessato anche il resto dell’Italia traducendosi in una stagione relativamente fredda, quantomeno in rapporto agli inverni recenti divenuti nel complesso più miti rispetto a gran parte del XX secolo.
Subito è necessario sottolineare il perché le prossime nevicate in Valle Padana potrebbero risultare di straordinaria intensità, sempre che vi siano le condizioni atmosferiche ideali. Innanzitutto, come scriviamo da tempo, come indica la scienza, c’è un incremento delle precipitazioni per ogni evento precipitativo. Questo significa che se nevica cadrà più neve che in passato in una singola nevicata. Un incremento che può essere anche molto rilevante perché in atmosfera c’è molta più umidità. Lo dimostrano le recenti nevicate record che si sono avute in varie città: Anchorage, Mosca, Monaco di Baviera, Pechino, Seoul. Grandi nevicate si sono avute nei versanti esteri delle Alpi, specie a nord, ma anche ad ovest, e vari eventi hanno raggiunto il settore occidentale della Valle d’Aosta.
Quindi, con un aumento di intensità delle precipitazioni, con le giuste condizioni atmosferiche, le nevicate saranno spesso, e non solo in Valle Padana, più abbondanti, con conseguenze non di poco conto perché una cosa è ripulire le strade da 10-15 cm di neve, ben altro è dal doppio. Ed in Valle Padana, ad esempio, se il numero di nevicate sarà in diminuzione, cresce invece la possibilità di nevicate di forte intensità, anche di 50 cm in 24 ore, se non persino oltre.
In questi anni, però, stiamo osservando una carenza di nevicate, però non dovremmo dimenticare che tale fenomeno si è avuto anche in passato, però non ci risulta da almeno 300 anni, una scarsità di nevicate come quella che si ripete ogni anno dall’inverno 2013-2014. Ma per capire come mai in Valle Padana c’è stato un tale drastico cambiamento, è utile anche individuare la genesi di una situazione nevosa in quest’area.
Analizzeremo anche altre parti d’Italia per avere una visione d’insieme delle cause della carenza di nevicate.
La riduzione della nevosità in Valle Padana è influenzata da due condizioni climatiche principali. La prima condizione riguarda la diminuzione delle irruzioni di aria fredda, in particolare quelle provenienti dai Balcani o dalla Russia. Queste masse d’aria fredda sono cruciali per lo sviluppo di un fenomeno noto come “cuscinetto d’aria fredda padano”.
Il cuscinetto d’aria fredda padano è una massa di aria fredda che, una volta giunta in Valle Padana, tende a rimanere stagnante a causa della conformazione geografica della valle. Questa valle, essendo circondata da montagne, agisce come una sorta di bacino che trattiene l’aria fredda. Quando quest’aria si accumula e rimane intrappolata nella valle, crea un ambiente favorevole per la formazione di neve, specialmente durante le irruzioni di aria umida e fredda.
La seconda condizione che contribuisce alla riduzione della nevosità è la prevalenza di condizioni di alta pressione durante gli inverni. Queste condizioni di alta pressione portano a lunghi periodi senza precipitazioni, poiché impediscono la formazione di nubi portatrici di pioggia o neve. In assenza di precipitazioni e con la presenza di temperature generalmente superiori agli 0°C, la Valle Padana non sperimenta le condizioni necessarie per la formazione di neve.
In passato, la Valle Padana era nota per le sue nevicate invernali, spesso legate a fenomeni di “addolcimento”, ovvero un riscaldamento dell’aria che portava a numerose precipitazioni nevose. Ora, con la diminuzione delle irruzioni di aria fredda e la prevalenza di condizioni di alta pressione, questi eventi nevosi stanno diventando meno frequenti, portando a inverni generalmente più miti e meno nevosi nella regione.
La domanda che viene spontanea è quanto la riduzione di neve sia dovuta al cambiamento climatico. Premesso che gli inverni hanno temperature più elevate rispetto al passato, il cambiamento atmosferico che influenza la Valle Padana è forse risolvibile, forse è solo un ciclo, però togliamoci subito una certezza: non nevicherà più con la frequenza del passato per il cambiamento del clima. Ma rispetto ai decenni passati, le temperature medie sono aumentate, pertanto la frequenza delle nevicate sarà in diminuzione anche nei prossimi anni, ma non la loro intensità per singolo evento.
Tuttavia, alla prima seria irruzione d’aria fredda, ormai attesa a breve, in Valle Padana si formerà il primo cuscinetto d’aria fredda. Altre masse d’aria fredda giungeranno nei giorni seguenti, ma la neve in pianura ancora non cadrà. Questa potrebbe mostrarsi ancora più avanti, sempre che vi giungano impulsi d’aria fredda maggiori, seguiti da perturbazioni con correnti meridionali, perché si sa che in Valle Padana non nevica quasi mai con i venti da nord, anzi, sarebbe una vera eccezione d’inverno.
Anche il resto d’Italia patisce una scarsità di nevicate, però non quanto succede in Pianura Padana. A Roma e Napoli ci sono state nevicate copiose, per i loro standard, anche nel 2018 mentre era in corso un’ondata di gelo. Quel che non dovete mai considerare normale è il freddo avvenuto in annate con ondate di gelo storico come il 1956, 1962, 1985, 2012. Questi eventi hanno visto su tutta Italia aria molto fredda, estese nevicate, e determinato eventi meteo di rilevanza storica. Sono più normali ondate di freddo come quella del Natale 1986 che portò nevicate in pianura in molte regioni, ma fu un evento di breve durata.
Fu invece anomalo, al pari di quello del 2018 che fu per certi versi anche peggiore su scala europea, l’ondata di gelo della prima decade di marzo 1987. Furono ondate di gelo tardivo, per altro sempre più probabili quanto l’inverno si manifesta tardivamente.
Se in Valle Padana è il cuscinetto d’aria fredda a favorire la neve, nelle regioni del Mar Tirreno, no. Il fenomeno noto come “Tyrrhenian effect snow” ha determinato insolite nevicate nelle regioni del Mar Tirreno, da Firenze a Roma e Napoli, modificando il consueto schema climatico italiano. Analogamente al “Lakes Effect” nord-americano e al “Adriatic Snow effect”, si verifica quando masse d’aria fredda e instabile dalla Valle del Rodano, dalle latitudini sub-polari o dal Polo Nord, scorrono sopra la mite superficie marina del basso Tirreno, dove le temperature rimangono elevate anche d’inverno.
Questo contrasto termico tra aria fredda in quota e acqua calda del mare genera una forte attività convettiva, con moti ascendenti che formano addensamenti nuvolosi verticali come Cumuli e Cumulonembi. Questi si caricano di umidità e raggiungono le coste con rovesci e temporali, spesso nevosi anche a quote basse.
Il “Tyrrhenian effect snow” non implica la formazione di un fronte perturbato tradizionale, ma di nubi persistenti dovute a contrasti termici. Una volta generate, queste bande nuvolose convettive vengono spinte dai venti sul medio e basso Tirreno, portando temporali e neve.
Particolarmente interessate sono le coste calabresi e siciliane, dove il fenomeno dello “stau” (forzatura orografica) intensifica i nuclei precipitativi. Correnti da NO e venti di Maestrale e Tramontana contribuiscono a un notevole calo termico e all’avvento di fenomeni nevosi anche a basse quote.
Questi eventi nevosi sono spesso collegati a profonde aree depressionarie nell’Ionio, nel Golfo di Taranto o sul Canale d’Otranto. L’aria fredda, dopo aver attraversato l’Adriatico e l’Appennino meridionale, raggiunge il Tirreno, intensificando il fenomeno.
I venti gelidi balcanici, una volta sul Tirreno, si umidificano e creano un forte gradiente termico verticale, generando nuvolosità e precipitazioni intense. Nelle zone peloritane-nebroidee e aspromontane, le precipitazioni sono particolarmente frequenti e intense.
Negli ultimi anni, la riduzione della nevosità nel Sud Italia è attribuita a diversi fattori, tra cui la diminuzione delle configurazioni bariche favorevoli (Ionio low) e l’aumento della temperatura media delle acque mediterranee.
Fenomeni simili si verificano in altre aree del Mediterraneo, come l’Adriatico e l’Egeo. Nel caso dell’Adriatico, l’aria fredda e secca dei Balcani si umidifica sul mare, causando nevicate lungo le coste adriatiche. L'”Egeo Effect”, invece, ha causato imponenti tormente di neve in Grecia, come quelle che hanno colpito Atene nel Febbraio 2008.
In Adriatico, invece, la neve si presenta soprattutto con il freddo che viene dai Balcani. L'”Adriatic Snow Effect” è un fenomeno meteorologico che riguarda principalmente le regioni costiere adriatiche dell’Italia. Questo effetto si verifica quando masse d’aria fredda e secca, provenienti dalla regione carpatico-danubiana e dai Balcani, attraversano il Mar Adriatico. Durante questo tragitto, l’aria fredda entra in contatto con le acque relativamente più calde del mare, umidificandosi notevolmente. Questo processo genera un forte contrasto termico che dà origine a moti ascensionali intensi, i quali, a loro volta, provocano la formazione di estese bande nuvolose.
Queste nubi, spinte dai venti prevalenti, si dirigono verso le coste adriatiche italiane, dove portano a precipitazioni nevose, soprattutto in presenza di masse d’aria particolarmente fredde alle basse quote. Queste nevicate possono essere intense e copiose, specialmente quando le correnti fredde dei Balcani sono particolarmente gelide. Il fenomeno è noto per colpire con maggiore frequenza le regioni dell’Adriatico centrale e meridionale, tra cui Marche, Abruzzo, Molise e il nord della Puglia.
L’effetto è ulteriormente esaltato dai rilievi montuosi presenti nell’entroterra di queste regioni, come i contrafforti montuosi dell’Appennino, che agiscono da barriera naturale. Questo orografia favorisce una persistenza delle precipitazioni nevose, poiché le nubi, una volta raggiunte le montagne, si scaricano più intensamente a causa dell’innalzamento forzato dell’aria.
Per ragioni di cronaca, però, vorrei rammentare un’ottima nevicata avvenuta in annate recenti, era il 28 dicembre 2020. Questo che vedrete è un fenomeno atmosferico che dovrebbe essere assai comune d’inverno in Valle Padana, ma non lo è.
Quel 28 dicembre 2020, Piacenza è stata tra le città padane più interessate, con 29 cm. Ricordiamo che Piacenza è tra le città più nevose della pianura padano-veneta, con media di 38 cm annui di neve fresca nel trentennio 1981-2010 (rispetto a 30 cm a Modena, 26 a Parma, 24 a Torino, 17 a Milano, 11 a Udine). Nell’ultimo decennio le quantità medie, già in diminuzione, si sono ulteriormente ridotte ovunque a causa degli inverni sempre più miti che rendono piovosa gran parte delle precipitazioni.
Eventi come quello di oggi sono dunque sempre più occasionali. Trenta chilometri a Sud-Est, Fidenza (PR) ha rilevato il massimo apporto tra le zone di Pianura Padana con 35-38 cm, ma già a Parma-centro si scendeva a 10 cm, e addirittura a Reggio Emilia e Modena ha solamente piovuto. Anche sul Milanese la nevicata è stata copiosa, 25 cm a Rho e 20 cm in centro a Milano.
L’evento meteo del 28 dicembre 2020 non è stato casuale, è un evento meteo normale, a cui hanno fatto seguito badilate di neve sulle Alpi fin sino l’Epifania, con accumuli a 1500 metri di quota tra i 2 ed i 3 metri. Nevicate analoghe anche nell’Appennino settentrionale. Ma vediamo come si genera il freddo in Valle Padana. La dispersione di calore nelle notti serene invernali in Valle Padana è un fenomeno atmosferico caratteristico di questa regione geografica, che porta a un notevole abbassamento delle temperature notturne. Questo fenomeno è influenzato da diversi fattori, principalmente legati alla conformazione geografica della valle e alle condizioni atmosferiche.
Durante le notti serene, ovvero in assenza di nuvole, la Valle Padana perde calore più rapidamente verso lo spazio. Le nuvole, infatti, agiscono come un isolante termico, riflettendo il calore emesso dalla Terra e impedendone la fuga nello spazio. In loro assenza, il calore accumulato durante il giorno può sfuggire liberamente, portando a un abbassamento delle temperature.
La conformazione della Valle Padana contribuisce ulteriormente a questo fenomeno. Essendo circondata da montagne, la valle tende a intrappolare l’aria fredda vicino al suolo. Questo fenomeno è noto come inversione termica: l’aria fredda, più densa, rimane vicino alla superficie, mentre l’aria più calda si trova a quote più elevate. Di conseguenza, nelle notti serene e senza vento, l’aria fredda si accumula e le temperature possono scendere notevolmente, specialmente nelle aree basse e pianeggianti.
Questo effetto è particolarmente pronunciato durante l’inverno, quando le ore di luce sono meno e l’angolo di incidenza del sole è più basso, riducendo il riscaldamento diurno. La combinazione di queste condizioni porta a notti invernali particolarmente fredde in Valle Padana, con temperature che possono scendere al di sotto dello zero, specialmente nelle aree rurali e lontane dalle fonti di calore urbane. Insomma, la Valle Padana è in Italia, l’area di pianura maggiormente candidata a ricevere nevicate nonostante l’aumento della temperatura globale, e quella invernale, questo anche nei prossimi inverni.
Ma passiamo alla previsione meteo climatica. Ebbene, con il trascorrere dei gironi, questo gennaio, a partire dalla Valle Padana, e le regoni dell’Adriatico potrebbero assistere alle prime ideali condizioni per la neve, ma non ne abbiamo certezza se che l’entità di aria fredda sarà così efficace. E se in una prima fase saranno favorite dalla neve le regioni adriatiche, successivamente non sarà così. Inatti, il ristabilirsi di quel flusso oceanico potrebbe apportare la prima forte nevicata, ma stavolta al Nord Italia, ed anche in Valle Padana. Rammentate, potrebbe, e viste le intense precipitazioni osservate, potrebbe nevicare con notevole quantità, anche mezzo metro in 24 ore. Vi pare impossibile? Gennaio vede un nuovo incremento delle precipitazioni medie al Nord Italia, e questa può essere una condizione ideale per neve forte.
Però, nelle aree urbane di Milano e Torino la neve è divenuta più problematica per l’effetto delle isole di calore urbano che riscaldano, rispetto alle are circostanti, l’aria, e in assenza di vento, questo fenomeno influenza molto l’attecchimento della neve al suolo. Ideale sarebbe avere una nevicata che inizia di notte. Ed anche nel secchissimo inverno 2022-23 la neve, in condizioni atmosferiche ideali, si può osservare. Ne è un esempio, la nevicata del 15 dicembre 2022. A partire dal primo pomeriggio del 15 dicembre 2022 tutta la regione Piemonte è stata interessata da nevicate fino a bassa quota che hanno raggiunto anche la città di Torino. A Torino l’accumulo di neve fresca è stato di 12 cm, registrato da Arpa Piemonte. Così pure la già citata nevicata di Milano del 28 dicembre 2020.
Oppure, la neve a Roma e Napoli del 2012 come anche nel 2018. Il meteo che viviamo è cambiato rispetto al passato, e c’è una notevole accentuazione dei fenomeni estremi.